APERTURE
Aperture 118 – Spring 1990
Le fotografie di Josef Sudek si sforzano costantemente di incarnare una bellezza profonda, e questo da solo potrebbe giustificare il fatto che dedichiamo loro due numeri di Aperture.
Nel corso di una carriera singolarmente fruttuosa che durò sessantacinque anni, Sudek lavorò in molti degli stili di successo che segnarono lo sviluppo del Modernismo, producendo nel processo un corpus di opere sorprendentemente ricco e diversificato.
Ma una ragione ancora più convincente per dedicare un’attenzione senza precedenti a Sudek e alle sue fotografie è la convinzione che Sudek offra un raro esempio di creatività artistica e personale, e di consolazione, nella nostra epoca millenaria.
Consolazione per cosa, e da cosa? Sudek ha combattuto con successo il “vortice della riduzione”, come Milan Kundera, un altro grande artista ceco, ha descritto la tendenza della nostra epoca a spogliare l’esistenza umana delle sue dimensioni sociali, storiche e spirituali.
Le immagini e i cicli di poesie fotografiche di Sudek sono come ancore di salvezza gettate alle vittime del vortice riduzionista.
Le sue immagini, come l’uomo stesso, sono di un luogo, la Praga dei secoli passati e presenti.
Contemporaneo di Paul Strand, Edward Weston, Man Ray, ma anche di Robert Frank e Lee Friedlander, Sudek attraverso le sue immagini fornisce una serie continua di rivelazioni, dimostrando di appartenere a questi fotografi, all’avanguardia della fotografia del Novecento.
“Outward Journey” esamina la prima metà della straordinaria vita di Sudek e introduce alcuni dei cicli fotografici lirici, tra cui gli inquietanti e maestosi studi della Cattedrale di San Vito, che gli sono valsi il titolo di “Poeta di Praga”.
Questo e il seguente numero di Aperture appaiono in concomitanza con una retrospettiva della fotografia di Sudek al Philadelphia Museum of Art dal 3 marzo al 6 maggio 1990.
