Le carte salvate
Eike D. Schmidt
Direttore delle Gallerie degli Uffizi
Sono trascorsi circa vent’anni da quando i Carabinieri dell’Arte hanno cominciato ad affidare a pubblicazioni e a mostre il compito di illustrare, attraverso le opere recuperate, il risultato del loro lavoro. È un modo efficace per informare i cittadini che l’Arma dei Carabinieri include un reparto specializzato nel contrasto delle attività illecite compiute a danno dei beni artistici del nostro Paese – e non a caso si chiama “Comando Tutela Patrimonio Culturale” – la cui suprema competenza è riconosciuta nel mondo.
La crescente importanza degli aspetti mediatici ha dato alle mostre e ai cataloghi una valenza ulteriore: essi sono infatti validissimi strumenti per una diffusione ampia della cultura della legalità e dell’educazione al patrimonio che i Carabinieri, attraverso lezioni e incontri, portano nelle scuole di ogni ordine e grado. Gli impressionanti numeri dei recuperi, in mezzo secolo di vita del Comando Tutela Patrimonio Culturale, sono aumentati negli ultimi anni perché la cosiddetta “diplomazia culturale” ha permesso di rimpatriare molti reperti archeologici, proventi di scavi clandestini nell’Italia Centro-Meridionale, che avevano purtroppo nutrito le raccolte di tanti importanti musei del mondo.
Le mostre finora dedicate al lavoro di questo corpo speciale dell’Arma – e voglio qui ricordare le tre svoltesi agli Uffizi: Il museo ritrovato. L’Arma dei Carabinieri in Toscana al servizio dell’Arte (2005), L’Arma per l’Arte. Aspetti del Sacro ritrovati (2009), La tutela tricolore. I custodi dell’identità culturale (2016) – sono state concepite secondo uno svolgimento cronologico delle opere esposte che seguiva lo sviluppo della produzione artistica dall’antichità ai nostri tempi, esattamente come farebbe un manuale di storia dell’arte ritrovata.
Tra i recuperi sono ancora moltissimi i reperti archeologici, i dipinti, le sculture, le suppellettili, le pagine miniate, che per vari motivi non sono mai stati esposti e che meriterebbero di essere studiati, in vista di una eventuale ricollocazione permanente o esposizione temporanea. Essipotrebbero essere utili per affinare gli strumenti della ricerca, per vedere dal vivo materiali, tecniche, per arrivare a ricomporre insiemi e serie, per suturare le ferite che scavi clandestini e furti hanno procurato al corpo del nostro patrimonio e della nostra cultura artistica.
A partire da queste riflessioni, alle Gallerie degli Uffizi è nato il progetto per Storie di pagine dipinte. Miniature recuperate dai Carabinieri. Dedicata a un settore molto complesso del nostro patrimonio, questa mostra originale e raffinata è portatrice di un messaggio potente: le immagini messe in salvo denunciano in modo esemplare la violenza ignorante e il bieco mercantilismo che ha straziato i manoscritti antichi, testimoni e simboli della cultura universale. Con il loro recupero e con lo studio, quelle ferite possono essere, almeno in parte, sanate.
Il settore dei codici miniati e del patrimonio librario della Chiesa è reso oggi più vulnerabile dalla chiusura di molti edifici di culto e dalla drastica diminuzione delle vocazioni, che ha privato monasteri, conventi e chiese del loro naturale presidio. Si è venuta a creare, sul fronte della tutela, un’indubbia emergenza cui la Chiesa cerca di far fronte tra molte difficoltà, promuovendo campagne di catalogazione e censimento, cercando di indirizzare l’operato del clero verso la salvaguardia delle opere d’arte, avvalendosi della collaborazione dei Carabinieri che, insieme alla Conferenza Episcopale Italiana, hanno approntato una sorta di prontuario sulle misure di sicurezza necessarie per i beni ecclesiastici.
Per la realizzazione di questa mostra sono stati messi al lavoro giovani storici dell’arte, specializzandi e dottorandi, che hanno impiegato per lo scopo il loro seminario annuale di Storia della Miniatura all’Università degli Studi di Firenze, sotto la guida della professoressa Sonia Chiodo, cui va la mia più profonda riconoscenza anche per aver condiviso un’occasione didattica così fruttuosa e importante. Si è inteso creare una sorta di “laboratorio di tutela”, dove gli studenti hanno avuto una concreta opportunità di formazione professionale, soprattutto riguardo alle azioni necessarie per coadiuvare, da tecnici, le attività di polizia giudiziaria che portano al riconoscimento e recupero delle opere trafugate. Motivati dalla concretezza dell’esercizio proposto, essi hanno esaminato e schedato direttamente, recandosi in loco, i vari gruppi di codici e miniature; tra i loro compiti, niente affatto semplici, vi è stato anche quello di censire tutte le mancanze in modo da mettere a disposizione della Banca Dati del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale una messe di informazioni aggiornate, essenziali alle investigazioni in corso e a quelle future.
Le opere esposte – tutti manoscritti liturgici dal Duecento al pieno Cinquecento – provengono da Castelfiorentino, Colle di Val d’Elsa, Firenze, Perugia e Pistoia. Di ogni nucleo si mostrano volumi e singole pagine rubate e recuperate. In mostra è esposto il “bottino” ritrovato di un enorme furto perpetrato negli anni Ottanta del secolo scorso a Pistoia, quando oltre duecento pagine vennero asportate da una serie di libri liturgici appartenuti ai frati di San Francesco al Prato e miniati nella bottega del Maestro di Sant’Alessio in Bigiano. Questo artista, ancora anonimo, fu a capo della bottega più attiva in Toscana nell’ambito della decorazione libraria e il suo stile pone le basi per la grande stagione che seguirà, tra Firenze e Siena.
La miniatura fiorentina del Trecento è ben rappresentata in mostra dalle pagine dei corali liturgici un tempo nella chiesa di Santo Stefano al Ponte, a pochi passi dagli Uffizi e oggi conservati a Montepulciano. Artisti del calibro di Pacino di Bonaguida (insieme ai suoi collaboratori) trasferiscono nelle loro illustrazioni la straordinaria modernità del linguaggio giottesco, e la storia di Santo Stefano per episodi, nelle pagine qui esposte, diventano così un itinerarium mentis in Deumaccostante e alla portata di tutti, guida alla preghiera prima ancora che ornamento estetico.
A Siena guarda invece l’autore delle miniature trecentesche dei Francescani di Colle di Val d’Elsa, mentre si collocano in ambito fiorentino le pagine ritagliate dai corali della pieve di Castelfiorentino, oggetto del recupero più recente in ordine di tempo. Sono francescani anche i corali, ora a Colle di Val d’Elsa, che in origine si trovavano nel convento dei Minori Osservanti di San Lucchese a Poggibonsi. Questi volumi sono stati oggetto nel secolo scorso di ben due furti, negli anni Trenta e poi di nuovo nel 1982; essi testimoniano dell’elegantissima produzione artistica libraria e dell’arte miniatoria fiorita a Firenze nell’ultimo quarto del Quattrocento, in piena stagione laurenziana, grazie alle botteghe di Attavante degli Attavanti e di Gherardo e Monte di Giovanni. Oggi restano pochi fogli integri e tanti fogli con i “buchi”, nei casi in cui i ladri abbiano avuto la pazienza (e il tempo) di ritagliare le iniziali miniate, invece di asportare interamente la pagina.
Una “fortuna” – e siamo consapevoli di come il termine, in questo contesto, suoni sconcertante – per chi si deve occupare del recupero, poiché le pagine tagliate conservano elementi fondamentali per accertare la provenienza di frammenti individuati sul mercato o nei cataloghi di collezioni. Tragica e rocambolesca infine la vicenda dei corali dell’abbazia benedettina di Montemorcino, presso Perugia. Oltre venti libri dell’antico complesso umbro, trasferiti nell’abbazia di Monte Oliveto Maggiore presso Asciano, casa madre degli Olivetani, vennero rubati nel 1975. Nella fuga, i ladri gettarono via le pesanti legature antiche con i piatti in legno rivestiti di cuoio, poi nascosero sotto un mucchio di letame le parti superstiti, con l’intento di tornare a prenderli successivamente.
I Carabinieri riuscirono a trovarli in tempo e a rintracciare anche le legature di cui gli autori del furto si erano disfatti, purtroppo con danni enormi. I volumi erano stati infatti sciolti, gruppi di fogli buttati via, le pagine miniate nel frattempo disperse sul mercato antiquario internazionale dove sono massicciamente ricomparse negli anni Duemila. Identificarle, individuare il volume di provenienza, infine dimostrare tutto ciò ai fini del recupero da parte dell’autorità giudiziaria è stato un compito arduo. Se oggi possiamo apprezzare in pieno il valore di questa serie, dovuta a miniatori umbri influenzati da Pinturicchio e Perugino, è merito degli investigatori che li hanno riportati al loro posto, nell’abbazia di Monte Oliveto quietamente adagiata fra le nebbie e i cipressi della campagna senese.
Il percorso espositivo si conclude con un ritorno a casa eccellente, e particolarmente significativo per Firenze, in questa rassegna l’unico recupero a beneficio di un privato: si tratta del prezioso Ufficio dei Morti di Leone X Medici. In catalogo la raffinata decorazione del volume è per la prima volta oggetto di uno studio approfondito, che ricostruisce la bottega romana responsabile, poco dopo l’elezione nel 1513 di Giovanni di Lorenzo de’ Medici al soglio pontificio, della realizzazione di questo e di altri libri appartenuti al primo papa di Casa Medici.
Con questa mostra le Gallerie degli Uffizi intendono celebrare lo straordinario e capillare lavoro dei Carabinieri. A rappresentarli tutti, ringrazio il Comandante Generale dell’Arma, Generale di Corpo d’Armata Giovanni Nistri, e il Generale di Brigata Roberto Riccardi, da poco insediato al Comando del Reparto Tutela Patrimonio Culturale, insieme a tutti i suoi predecessori e ai suoi uomini sempre presenti al nostro fianco.
Mi auguro che la virtuosa collaborazione tra diverse Istituzioni e questo nostro “laboratorio di tutela” possano svilupparsi ulteriormente ed essere oggetto di future attenzioni e investimenti per il Comando Tutela Patrimonio Culturale.
Siamo giunti al punto in cui, in nome del Museo Italia, si possono saldare insieme forme alte di specializzazione, per affinare sempre di più le competenze e la passione degli operatori del settore dei Beni Culturali. Ai giovani che hanno collaborato alla mostra, tra i quali speriamo vi siano futuri funzionari dei Beni Culturali, rivolgo perciò un pensiero grato e un sincero “in bocca al lupo!”. La vostra ricerca si è rivelata preziosa per tutti, e quello che in questa circostanza avete sperimentato sarà il cuore del vostro lavoro di domani.