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Per i 150 anni del Museo di San
Marco
Il Giudizio Universale del Beato
Angelico restaurato torna nella Sala dell’Ospizio.
Le iniziative per la celebrazione dei 150 anni del Museo di San Marco proseguono sabato 5 ottobre, alle 16, con la presentazione del restauro del Giudizio Universale del Beato Angelico realizzato grazie ai contributi del Rotary Firenze Certosa e di altri club rotariani.
Il dipinto, assai particolare nella forma e ricco di novità nel trattamento del soggetto, è da sempre uno dei preferiti e più largamente popolari dell’Angelico, ma non è realmente conosciuto, nel senso che è ancora carico di interrogativi e domande senza risposta.
La prima domanda che ci facciamo riguarda la particolare forma trilobata in alto, che ancor oggi non ha spiegazioni certe.
Anche il soggetto dell’opera è particolare, è un’insolita visione del Giudizio Finale. Vediamo il Cristo giudice in tutta la sua gloria, attorniato da angeli, in un cerchio celestiale che domina dalla sommità. La mano destra levata del Cristo invita i fedeli risorti verso i cancelli della Gerusalemme Celeste; la sinistra volta verso il basso consegna i peccatori alle fauci pietrose dell’Inferno.
La Madonna e San Giovanni Battista sono raffigurati come intercessori in una posizione straordinariamente prossima al Figlio. La schiera celeste è completata da ventiquattro santi e profeti assisi come in tribunale, dodici su ciascun lato. Così come la particolare forma trilobata, anche l’intera composizione presenta numerose novità rispetto all’iconografia tradizionale del Giudizio, con l’inserzione di personaggi del Vecchio Testamento – Adamo, Abramo, Mosè, Abele, David – accanto agli apostoli e ai santi fondatori degli Ordini nel tribunale del Giudizio. Vediamo da una parte i dannati, costretti a varcare la soglia di un Inferno così letterario che non può non far pensare a Dante e dall’altra parte l’elegantissima danza di angeli e beati verso il monte della Gerusalemme celeste, interpretata come il luogo della luce divina, che si intreccia con il giardino, espressione simbolica del Paradiso. Questa danza è del tutto nuova, di singolare armonia, illuminata da bagliori d’oro.
Al centro della composizione la fuga di tombe scoperchiate, che fa da spartiacque tra gli eletti e i dannati, guida lo sguardo attraverso tutta la profondità dello spazio del dipinto fino all’orizzonte azzurro pallido nello sfondo. E’ là che deve avere termine il mondo sensibile.
Non conosciamo lo scopo originale del dipinto, e probabilmente ha cambiato collocazione al tempo in cui Vasari lo descrive nel convento di Santa Maria degli Angeli vicino all’altar maggiore dove sedeva il prete durante la messa. Questo è stato interpretato a significare che era lo schienale del sedile del sacerdote, ma il formato relativamente piccolo delle figure indica una collocazione originale dove potesse essere visto ad altezza d’occhio per un’ispezione più ravvicinata. Anche la prospettiva indica un simile punto di vista.
Il Giudizio Universale, databile tra il 1425 e il 1428, fu probabilmente eseguito per la cappella maggiore della chiesa di Santa Maria degli Angeli, che sull’altare maggiore già presentava l’Incoronazione della Vergine di Lorenzo Monaco ora agli Uffizi.
Verosimilmente fu Ambrogio Traversari, frate e più tardi priore di Santa Maria degli Angeli, studioso di patristica, esperto grecista, aperto propugnatore dell’unità con la chiesa bizantina,l’ispiratore del programma iconografico del Giudizio.
E sempre lui con ogni probabilità affidò al pennello dell’Angelico la sua colta visione apocalittica ispirata a concetti di pace, amore, fratellanza, ben esemplificata nel Giudizio del frate pittore. I colori di questa magistrale opera dell’Angelico, ritrovati in seguito al sapiente restauro di Lucia Biondi, ci consentono di contemplare con più ammirazione e consapevolezza questa visione ultraterrena.
Le iniziative per la celebrazione dei 150 anni del Museo di San Marco proseguiranno il 15 ottobre con la ricollocazione e la presentazione del restauro di un’altra opera del Beato Angelico la “Pala di San Marco” restaurata dall’Opificio delle Pietre Dure. A fine ottobre alcune celle del museo ospiteranno un’inedita installazione di arte contemporanea. Prosegue inoltre fino al 6 gennaio la mostra inaugurata da pochi giorni “L’Annunciazione di Robert Campin. Un illustre ospite dal Museo del Prado per i 150 anni del Museo di San Marco” a cura di Marilena Tamassia.
Ufficio Stampa
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